Ucraina-Russia: alle origini delle tensioni
I venti di guerra iniziano sempre più a soffiare, con forza, sull’Ucraina.
A nulla è servita la telefonata tra il Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, e quello russo, Vladimir Putin, per tentare nuovamente la strada della diplomazia.
Secondo l’intelligence americana l’attacco militare della Russia all’Ucraina sarebbe ancora più imminente rispetto alle prime stime. Già mercoledì le 130.000 truppe schierate da Mosca al confine ucraino potrebbero iniziare la loro marcia verso la capitale Kiev.
Gli incroci storici tra l’Ucraina e la Russia risalgono già al Settecento, ai tempi dell’Impero Russo, ma convergono, in particolare, verso un anno particolare, il 1922, quando dopo una serie di aspre lotte l’Ucraina entrò ufficialmente a far parte dell’URSS, con il titolo di Repubblica socialista sovietica ucraina.
Durante la campagna di Russia, questi territori furono i primi ad essere occupati dalle forze dell’Asse, tanto che circa 30mila ucraini si arruolarono volontariamente tra le fila dei reparti combattenti delle SS.
Al termine del secondo conflitto mondiale l’Ucraina tornò ad essere parte dell’Unione Sovietica e nel 1954 la Russia, come segno dei 300 anni d’amicizia, decise di regalarle la Crimea. É in questa fase storica, tra gli anni 60 e 70 che il paese conobbe un vero e proprio sviluppo industriale, soprattutto nell’area del Donbass, quella più orientale, quella più vicina geograficamente alla Russia.
Con la definitiva caduta dell’Unione Sovietica, nel 1990, l’Ucraina fu una delle prime repubbliche sovietiche ad ottenere l’indipendenza, che divenne ufficiale un anno più tardi, nell’agosto del 1991.
Da quel momento, per la sua posizione geografica e per le sue aree strategiche, l’Ucraina è diventata una sorta di territorio cuscinetto, posto a divisione tra la Russia e l’insieme delle nazioni appartenenti alla NATO.
Dopo anni di relativa tranquillità nel 2004, nelle piazze ucraine, si diffuse la “rivoluzione arancione”, a denuncia dei presunti brogli che avevano portato alla rielezione del già Primo Ministro Viktor Janukovyč, politicamente molto vicino alla Russia.
Una distanza, tra le due fazioni, non solo ideologica ma anche etnica. A capo delle proteste il leader dell’opposizione, Viktor Juščenko, appoggiato dai cittadini che parlavano ucraino come prima lingua.
Juščenko riuscì ad ottenere l’annullamento del risultato elettorale grazie all’intervento della Corte Suprema.
Alle successive votazioni fu lui ad ottenere la maggioranza dei voti, diventando Premier. Nel 2010 tornò al potere Janukovyč che, nel 2013, prima decise di far un passo verso l’Europa, aprendo le trattative per entrare nell’UE, poi però firmò un patto con la Russia, congelando ogni possibile accordo.
Ciò portò a nuove proteste, questa volta violente, denominate “Euromaidan” (letteralmente “Europiazza”).
Il clima di tensione portò il 22 febbraio del 2014 alle dimissioni e alla fuga di Janukovyč, ormai circondato.
Un vuoto di potere enorme che trascinò l’Ucraina, nel giro di pochissimi giorni, nel caos.
Le piazze si svuotarono di manifestanti pro Europa e si riempirono di filo-russi, soprattutto nelle città del Donbass e dell’est, in quelle aree prevalentemente russofone.
La Russia, approfittando della situazione, il 27 febbraio occupò militarmente la Crimea. Chi controlla questa zona controlla, di fatto, tutto il Mar Nero.
A marzo sempre di quell’anno un referendum, dichiarato successivamente illegale dall’ONU, bastò per per considerare la Crimea un territorio russo.
Un’annessione che portò grandissimi consensi a Putin, soprattutto tra i ribelli ucraini filo-russi che cominciarono una vera e propria insurrezione in tutte le principali città dell’Ucraina orientale.
Tra queste la prima città a dichiararsi repubblica indipendente (6 aprile 2014) fu Donetsk.
A ruota, 20 giorni più tardi, Luhans’k.
L’unica grande città a non capitolare nelle mani dei ribelli fu Charkiv, ancora oggi oggetto di una guerra Ucraina-Russia che prosegue dal 2014.
(RV news)