Come impariamo ad essere forti smettendo di essere veri uomini
Era forse un pomeriggio come tanti nella Tracia del IV secolo a.C. Siamo a Stagira, dove un uomo con la barba
lunga e lo sguardo solenne e assorto sembra scrivere qualcosa. Quell’uomo è Aristotele, una delle menti più
innovative, brillanti, capaci di influenzare l’intero pensiero filosofico occidentale e le parole che, di lì a poco
avrebbe consegnato a generazioni e generazioni di posteri erano: “l’uomo è un animale sociale”.
Si tratta della nostra natura, non possiamo fare a meno di vivere con altri individui e di aggregarci. Siamo fatti
così e vivere in società è tanto scontato quanto per una gazzella correre o per una scimmia arrampicare. È
qualcosa che si presenta in modo chiaro, ogni giorno, davanti ai nostri occhi e nella maggior parte delle
esperienze di vita che facciamo. Eppure, abbiamo avuto bisogno di una delle più grandi menti della filosofia
e, pecchiamo di presunzione quando pensiamo di aver capito davvero il significato di quella manciata di
parole.
Ormai sembra essere forte solo chi rinnega la sua vera natura, chi dimostra al branco di sapersela cavare da
solo. Viene, sempre più spesso, considerato forte, realizzato e indipendente solamente chi sembra non aver
bisogno di aiuto nel superare le ombre della vita. Abbiamo distorto a tal punto la nostra più intima essenza
arrivando a stimare di più coloro che scelgono di vivere solo per sé stessi, piuttosto che quei pochi che si
mettono a nudo nei rapporti con gli altri.
Smettiamo di generalizzare il concetto di indipendenza rendendolo banalmente utile soltanto a definire chi,
apparentemente almeno, sembra sapersi prendere cura di sé in maniera soddisfacente. Non commettiamo
l’errore di non guardare oltre l’apparenza e di non capire cosa c’è dietro quell’idea, squisitamente
occidentale, di uomo o donna forte.
Cerchiamo di capire che essere forti non significa per forza scegliere di rimanere soli e provare, a tutti i costi,
a curare le nostre ferite senza l’aiuto di nessuno. La solitudine positiva, quella che dobbiamo cercare per
poter essere davvero definiti realizzati, è quella che ci permette di guardare dentro noi stessi, nei nostri intimi
e più profondi desideri. La solitudine che bisogna perseguire è quella in cui possiamo apprezzare quello che
siamo diventati, quello che ogni ritaglio di vita ci ha cucito sul cuore e che ogni ferita ci ha scritto sulla pelle.
La vera qualità di un essere umano realizzato deve essere quella di non avere paura di guardarsi dentro, nei
suoi stessi occhi, senza cercare di abbassare lo sguardo.
La verità è che serve coraggio per essere animali sociali. Non è mai facile scegliere di imparare a non rendere
più conto solo a sé stessi ma, solo così, possiamo imparare cosa significa vivere come esseri umani.
Apprezziamo chi non ha paura di condividere e di aprire il cuore a qualcuno accettando il rischio di soffrire.
Rendiamoci consapevoli di dover mettere sempre noi stessi al primo posto ma, allo stesso tempo, di essere
fatti dalle esperienze che, altre persone sono state in grado di lasciarci. Impariamo ad apprezzare quello che
ognuno può darci, scegliamo di cogliere il potenziale che vive nel nostro essere sociali e facciamo tesoro di
ogni cosa. Perché forte non è sempre chi cammina da solo, forte è colui che sa chiedere aiuto di fronte alle
difficoltà, ma non ha più bisogno di scappare da sé stesso.
(RV blog)