HEROES

Erano da poco passate le 8 di mattina a Mosca, giovedì scorso 24 febbraio, quando il presidente russo Vladimir Putin annunciava in diretta televisiva l’inizio
dell’operazione di invasione del territorio ucraino. La crisi delle ultime settimane, in quell’esatto punto, è diventata guerra.

C’è chi ha salutato la propria terra, l’Ucraina, dove aveva costruito la propria vita.
Chi ha messo in sicurezza la propria famiglia prima di ritornare a proteggere la propria Patria e chi ha imbracciato le armi per combattere l’invasione nemica. In una situazione d’emergenza tutti gli ucraini stan provando a fare la loro parte con comportamenti anche estremi, che nulla hanno a che fare con la loro vita prima di quel maledetto 24 febbraio.

Abbiamo scelto due storie, in particolare, che hanno catturato la nostra attenzione.

La prima è quella di Vitaly Skakun Volodymyrovych, giovane ingegnere militare, che aveva pochi minuti per provare a fermare l’avanzata russa vicino a Kiev.
Aveva il compito di minare il ponte Genichesky, o meglio si era offerto volontario per farlo.
Nei piani, una volta installati gli ordigni, avrebbe dovuto mettersi in salvo prima di far saltare in aria tutto, ma il convoglio russo nel frattempo aveva bruciato i tempi, rispetto alle tabelle di marcia.
E così Vitaly si è trovato davanti ad una scelta: rischiare che il nemico riuscisse nell’intento di superare quella linea di difesa, oppure azionare le bombe nonostante
fosse proprio sopra di esse. Ha scelto la seconda, dopo una telefonata con i compagni di battaglia.
Secondo l’esercito di Kiev questo suo sacrificio è riuscito a rallentare in modo significativo l’avanzata delle truppe di Mosca.

Eroi. Soldati che hanno scelto le armi per difendere il proprio Paese, dopo una vita, magari, a fare tutt’altro.

Come, altro esempio, l’allenatore dello Sheriff Tiraspol, Yuriy Vernydub. 56 anni, ucraino. Con la sua squadra negli ultimi 12 mesi ha vinto il campionato moldavo e giocato, per la prima volta nella storia del club della Transnistria, una fase finale della Champions League.
Lo stesso Sheriff Tiraspol che è stato sulla bocca di tutti qualche mese fa per l’impresa del Bernabeu: 2-1 contro il Real Madrid, in uno degli stadi più iconici, conquistato a pochi minuti dalla fine.
Vernydub ha deciso di lasciare la propria squadra, ha imbracciato le armi e ha scelto di entrare nell’esercito ucraino, per combattere l’invasione russa.

Non esiste altro finale diverso dalle parole di Gianni Rodari, nella poesia
“Promemoria”:

“Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio la guerra.”

(RV blog)

 

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